Forlì, 19/08/2014. Discorso in occasione della deposizione della corona commemorativa al cippo che ricorda il sacrificio di Tonino Spazzoli.
Un passo ancora, nella Memoria.
Nel percorso dedicato al 70° dell’estate del terrore, inaugurato il 26 giugno di quest’anno per ricordare i martiri di Piangipane, poi Tavolicci, Pievequinta, il Carnaio, Cà Cornio e proseguiranno lunedì 25 agosto con il ricordo del drammatico bombardamento del centro storico di Forlì e con i martiri di via Minarda e San Tomè. Ieri e oggi, però, due tappe particolarmente dolorose perché aderiscono perfettamente all’anima di questo territorio: 18 e 19 agosto 1944. La furia nazifascista trascina con sé i nostri capi-popolo. I nostri leaders. Si. Perchè Tonino, Adriano, Arturo, Iris e Silvio erano coraggiosamente (e responsabilmente) alla testa del Movimento resistenziale.
Quando penso a Tonino – nato, emblematicamente, lo stesso giorno della nostra Repubblica, il 2 giugno (del 1899) – penso a un giovane uomo che aveva attraversato non uno, ma ben due Risorgimenti. Una prima volta, nel 1917, decorato con la medaglia di bronzo ad appena 18 anni per la riconquista del Monte Grappa e nel 1945, come sappiamo, con quella d’oro al valore militare per essere stato uomo di punta dell’antifascismo, non solo locale e nazionale, ma europeo e internazionale. Quando penso a Tonino, poi, mi viene in mente un altro grande patriota: Antonio, Fratti. Entrambi impavidi, coraggiosissimi, spingendosi fino alle estremità del pericolo seppero dimostrare sempre anche molto realismo, ma senza mai inclinazioni al compromesso. Quindi, una fortissima Legge morale: l’amore per il prossimo. Quindi, l’amore per la Libertà.
Così, ieri mi sono commossa pensando a quell’immagine, di Tonino, un “piccolo (grande) Principe” che prima di essere trascinato al patibolo di Coccolia, è costretto ad assistere al martirio dei suoi compagni, amici, di suo fratello, Arturo, appena 21enne, che proprio in quei giorni stavano studiando un piano per liberarlo. Pensando sempre ad aiutarsi a vicenda; pensando sempre agli altri prima che a se stessi. Un’autentica “trafila” solidale. Ho pensato, che deve averli visti come in uno specchio riflesso; vale a dire, vedere la propria immagine attraverso le loro: quelle di Eroi. E allora, l’istinto ruggisce e si interroga se “è maledettamente questo, il destino di un Eroe?”. In fondo, di eroi si parla, perché “eroe” non è un termine desueto. Affatto. E’ un tratto distintivo: colui che compie uno straordinario e generoso atto di coraggio che comporti il sacrificio di sé. Quindi, si. Eroi, certamente. Ma non basta. C’è l’eredità e il testimone.
Perché in questa “nostra” storia che fa parte di una storia grande, fatta di eroismi, di tradimenti, di spionaggio, di Brigate Garibaldi – vale a dire il degno proseguo di quel grande romanzo epico che fu il primo Risorgimento – ci fu, alla base un progetto. Tonino, questi giovani uomini e giovani donne, avevano in mente molto di più. Avevano chiara in mente, la “rete”. La rete antifascista. Una rete internazionale creata con gruppi di antifascisti sparsi nel mondo e prima ancora della ricostituzione dei partiti. Una rete che avrebbe dovuto tenere i bordoni, garantire il “dopo”, la sopravvivenza sulla quale si sarebbe inaugurata la ricostruzione, la costruzione di una società migliore: la Repubblica. Dietro quelle azioni militari, dietro il coraggio e la responsabilità, quindi, un autentico progetto culturale e politico. Corpi, che sacrificano il proprio “corpo fisico”, per il “corpo” della propria comunità.
Una rete che ha affrontato l’orrore – come l’assassinio di un nostro “gigante”, Tonino Spazzoli, che ricordiamo qui oggi – ma che ricordiamo soprattutto per quell’idea, sostenuta da fili di dignità e coraggio anche in quei momenti terribili. Così facendo questa “generazione di eroi” hanno preceduto gli eventi e con coraggiosa lungimiranza, hanno saputo “rinunciare al proprio pane” – come recita la leggenda di Pollicino – “ per fare cadere le briciole e ritrovare la via di casa”. Loro, la via di casa l’hanno ritrovata. Così facendo, hanno ucciso l’Orco.
Quelle “briciole”, oggi, sono i valori della Pace, della Democrazia, della Libertà. Ecco. Noi dobbiamo ostinatamente e incessantemente usare il nostro tempo, il nostro coraggio, la nostra intelligenza, i nostri occhi e le nostre parole per trasmettere alla mia generazione quello che gli appartiene quello che “quei” ragazzi gli hanno consegnato e che deve rivendicare. Perché, non ci sono altre storie. Sappiamo di avere davanti un compito arduo: colmare un oblio che, nel nostro paese, dura da più di venti anni. Ma la Storia, cucire la Memoria – recuperando anche la storia di Tonino e le “altre” storie – e la nostra testimonianza, ci soccorrono.
Un anonimo scriveva: “Il futuro entra in noi molto prima che accada”. Io ne sono certa, quei ragazzi lo sentivano, dentro. Facciamo in modo di essere degni della fascia (tricolore) che quei ragazzi ci hanno cucito addosso. Noi non dimentichiamo.
Sara Samorì
Assessore Eventi Istituzionali
Comune di Forlì