La democrazia a rischio tra social e diseguaglianze

Anticipiamo l’editoriale del Presidente Nazionale che apparirà sul numero 1 del 2023 de “Il Pensiero Mazziniano”.


La democrazia a rischio tra social e diseguaglianze

L’Associazione Mazziniana Italiana compie ottant’anni nel momento più critico per la democrazia dal 1945 ad oggi, ed è dunque chiamata a confrontarsi con una sfida globale, sulla quale si gioca il futuro del pianeta. L’assalto al Parlamento brasiliano da parte dei sostenitori di Jair Bolsonaro dello scorso gennaio è l’ennesima dimostrazione della vulnerabilità, ormai anche fisica, delle istituzioni democratiche. Donald Trump, sprezzante della ferita provocata a Capitol Hill, ha iniziato la sua corsa alla Casa Bianca a Waco, in Texas, di fronte alla fattoria dove si consumò un sanguinoso scontro tra una setta ultrareazionaria e le autorità federali, attaccando le seconde. Anche in Israele e in Francia si stanno vivendo momenti di grande difficoltà, a testimonianza della tensione cui è sottoposta ormai da anni la democrazia rappresentativa nel mondo occidentale. 

Per quanto riguarda l’Italia, oltre al preoccupante arretramento sui diritti civili, i Ddl sull’autonomia differenziata e sulla riforma fiscale, che di fatto elimina la progressività delle imposte, minano al cuore l’unità del paese, col rischio di demolire quel poco che rimane di istruzione e sanità pubbliche, accentuando, piuttosto che ridurre, il divario fra Nord e Sud del paese. Nel frattempo ci si confronta con livelli di astensionismo drammatici – alle ultime elezioni regionali in Lombardia ha votato solo il 41,67% degli aventi diritto, nel Lazio il 37% – ed una crescita esponenziale dell’indigenza: secondo il Rapporto Caritas 2022 su povertà ed esclusione sociale in Italia, nel 2021 i poveri assoluti sono stati circa 5,6 milioni, di cui 1,4 milioni di bambini. 

Di fronte a un clima di estrema incertezza, sul quale pende peraltro la vile minaccia russa di una guerra nucleare, la domanda che Mario Di Napoli pose nel 2015 in vista del Congresso di Terni, ovvero se per i mazziniani vi fosse ancora posto nella società del XXI secolo, trova ancora una risposta più che affermativa. La pandemia e la guerra in Ucraina hanno accentuato l’attualità dei valori del mazzinianesimo: la solidarietà; il dovere compiuto per non danneggiare gli altri prima che sé stessi; la dimensione internazionale dell’Umanità, elevata a vera e propria categoria politica da Mazzini nel saggio  Umanità e Patria del 1836: “tutto quel lavoro di ringiovanimento che si compie nel mondo […] ci sembra debba giungere a un’organizzazione sociale generale che avrà per scopo l’Humanità, e per punto di partenza la Patria”.

Ma la democrazia si mantiene se la curiamo quotidianamente con le azioni individuali, consapevoli che esse potranno avere una ricaduta anche sugli altri e, come nel nostro caso, attraverso la partecipazione alla vita associativa. Per tale ragione come mazziniani non dobbiamo stancarci di invocare un ritorno alle radici di una cittadinanza attiva e consapevole contro l’illusione partecipativa dei social. Come ha dimostrato la disumana vicenda di Cutro, c’è uno iato fortissimo tra il condividere un post che richiama la lotta delle donne afghane o iraniane, e trovarsi di fronte ai cadaveri di esseri umani in cerca di una via di fuga da quella orribile realtà. Secondo il politologo americano Ron Dacombe questa nuova e deresponsabilizzante forma di partecipazione politica “fornisce un’alternativa accessibile e coinvolgente rispetto a quelle più tradizionali”, avendo reso passiva la modalità di ricezione delle informazioni – in gran parte false – e permettendo ad ognuno di diventarne a sua volta disseminatore. Ma il pericolo dei social non deriva solo dalla forte spinta alla polarizzazione ed alla disintermediazione che li caratterizza, ma anche dal potere politico che si concentra nei loro proprietari, soggetti privati coi quali le autorità statali hanno difficoltà a rapportarsi, sia dal punto di vista fiscale che da quello istituzionale. Il caso di Elon Musk e Starlink, la rete satellitare per telecomunicazioni di cui il magnate americano è principale azionista, resta emblematico: in un primo momento Musk ha accordato all’esercito ucraino l’accesso alla rete; in seguito ha provato a negoziarne i costi con il governo americano ed infine lo ha negato, facendo dichiarazione di voto per il “MAGA” in occasione delle elezioni di mid-term. 

Per costruire una cittadinanza attiva e consapevole non si può prescindere tuttavia dalla centralità del lavoro, cuore della stessa democrazia liberale, come ricordava già Locke nel Secondo trattato sul governo del 1689 e, non a caso, posta a fondamento delle democrazie sociali nate dalle Costituzioni post-belliche, a cominciare dalla nostra. Come possiamo ridefinire il lavoro, quando si parla esplicitamente di “working poor”, ovvero professioni che caratterizzano per i bassi salari e forme contrattuali intermittenti? In un clima di diseguaglianze crescenti, come sarà possibile salvaguardare la dignità del lavoro mazzinianamente concepito non come mera fonte di reddito, ma realizzazione della personalità e strumento per contribuire al progresso della società? Il tema delle disparità, acuite dalle crisi internazionali, non concerne più la redistribuzione del reddito mondiale tra paesi ricchi e poveri, ma gli squilibri all’interno dei singoli paesi, dovuti alla crescente finanziarizzazione dell’economia. Negli ultimi vent’anni il 65% delle popolazioni occidentali si è impoverito e le difficoltà non toccano solo i lavoratori dipendenti, ma anche gli autonomi e le piccole e medie imprese. La quota circolante di denaro concessa ad aziende e famiglie si attesta ormai al 10%; un 30% lo assorbono gli stati ed il restante 60% alimenta i prodotti finanziari. Se da un lato l’automazione dei processi produttivi sembra inarrestabile – e ancora sono sconosciuti gli effetti dell’introduzione dell’intelligenza artificiale – è impensabile pensare di affidarci unicamente a un modello professionale basato sui servizi e sull’e-commerce. come testimoniano il crac della Silicon Valley Bank e i licenziamenti massicci nel settore: tra gennaio e marzo Amazon ha licenziato 27.000 dipendenti, Twitter di Elon Musk li ha ridotti da 7000 a 2000. 

Il dovere-diritto al lavoro resta dirimente per il futuro della democrazia, incapace di alimentarsi con troppe diseguaglianze. Secondo Mazzini un uomo “schiavo” non può compiere il suo dovere perché non è nella condizione di essere un cittadino a tutti gli effetti. La rilettura de I Doveri dell’Uomo, arricchita dalle riflessioni contemporanee di autori come Karl Otto Apel e Hans Jonas sul “principio di responsabilità”, fratello gemello del mazziniano “dovere”, rappresenta un passaggio obbligato per ribadire l’attualità della “terza via” mazziniana, antidoto ai mali di un mondo caduto in un vortice apparentemente senza fine. Si tratta di una sfida difficile, visto che non offre vie di fuga o risposte semplici alla complessità del XXI secolo, ma è l’unica percorribile per chi considera il pensiero mazziniano una scuola di democrazia che guarda al futuro e non un sistema di valori da consegnare al passato.