(Il Resto del Carlino, 25 settembre 2017 – di Andrea Cionci)
I doveri dell’uomo sono una teoria della filosofia del diritto concepita per la prima volta organicamente da Mazzini come conseguenza e reazione alle varie affermazioni e dichiarazioni dei diritti dell’uomo.
In un dibattito pubblico dove i diritti sono considerati la massima espressione delle società democratiche, può essere davvero stimolante riprendere in mano “I doveri dell’Uomo” il testamento politico di Giuseppe Mazzini, padre della democrazia italiana. Pubblicato nel 1860, poco prima dell’Unità d’Italia, è un’opera dimenticata che, pure, è stata riferimento per statisti e intellettuali del calibro di Gandhi, Spinelli, Calamandrei, Golda Meir, Ben Gurion.
Contrapponendosi specularmente alla Teoria dei diritti dell’Uomo, Mazzini sostiene – in questo appello agli operai italiani – come i diritti non possano essere che “la risultante dei doveri”.
Dalla Rivoluzione francese in poi, secondo il triumviro, le dottrine materialistiche hanno fallito, tanto che le condizioni del popolo sono rimaste immutate: «Colla teoria dei diritti, della felicità, del benessere dato per oggetto primo alla vita, noi formeremo uomini egoisti, adoratori della materia, che porteranno le vecchie passioni nell’ordine nuovo e lo corromperanno pochi mesi dopo. Si tratta dunque di trovare un principio educatore superiore che guidi gli uomini al meglio e questo principio è il Dovere». Verso l’Umanità, Dio, la Patria e la Famiglia, ovviamente. Audace e “politicamente scorretto” già all’epoca, il pensiero di Mazzini è rimasto inascoltato, ma la storia recente giustifica a pieno il soprannome di “Contemporaneo della posterità” che fu tributato al patriota genovese. Egli individuava un’insidia nascosta nell’estensione dei diritti in modo indiscriminato: «Dove i diritti di un individuo vengano a contrasto con quelli d’un altro, come sperare di conciliarli, di metterli in armonia, senza ricorrere a qualche cosa superiore a tutti i diritti?».
Un tema particolarmente caro a Mazzini era quello dell’educazione; ricordava quanto misera fosse la sorte degli antichi Romani quando essi si accontentavano di pane e giochi: «Dopo aver subìto la tirannia stolida e feroce degli Imperatori, cadevano vilmente schiavi dei Barbari che li invadevano». Per quanto di orientamento giansenista, l’autore dei “Doveri” era profondamente cristiano e il suo testo è permeato da una visione teologica che offre spunti ancora fertili in seno al dibattito fra cattolici progressisti e tradizionalisti: «Quando Cristo venne e cambiò la faccia del mondo, Lui non parlò di diritti né ai ricchi, che non avevano bisogno di conquistarli, né ai poveri che ne avrebbero forse abusato: parlò di Dovere, parlò d’Amore, di Sacrificio, di Fede».
Un richiamo che sembra avvicinarsi alle posizioni dei credenti più conservatori, ma va ricordato che esso proviene dal solo scrittore politico del periodo compreso tra Illuminismo e Positivismo che si sia battuto, insieme a Condorcet, contro la discriminazione del censo, della razza, della religione e del sesso. Ecco, infatti, le parole di Mazzini sulla donna, tanto liriche quanto sferzanti se accostate ai recenti fatti di cronaca: «Amate, rispettate la donna. Non cercate in essa solamente un conforto, ma una forza, una ispirazione, un raddoppiamento delle vostre facoltà intellettuali e morali. Madre, sposa, sorella, la Donna è la carezza della vita, la soavità dell’affetto diffusa sulle sue fatiche…».
Se il filosofo conferma impietosamente alcune caratteristiche della realtà italiana, appaiono abbastanza utopistiche, oggi, le sue esortazioni sui figli: «In una società nella quale il merito è pericoloso, e la ricchezza è la sola base della potenza, della sicurezza, della difesa contro la persecuzione e il sopruso, parlate ai vostri figli di Patria, di ciò ch’essa fu, di ciò che deve essere». Pur nel suo afflato profondamente umanitaristico, l’“Apostolo” considerava le nazioni come «le divisioni di un unico esercito». In quest’ottica, l’amore per la Patria risulta una tassello fondamentale per dare seguito, ordinatamente, alla grande riforma del mondo, cui sono chiamati tutti gli uomini: «Ma quest’opera comune, voi, divisi di lingua, di tendenze, d’abitudini, di facoltà, non potete tentarla. L’individuo è troppo debole e l’Umanità troppo vasta. Il mezzo, Dio lo trovava per voi, quando vi dava una Patria, quando, come un saggio direttore di lavori distribuisce le parti diverse aseconda della capacità». Giuseppe Mazzini che, pure, fu precursore dei grandi europeisti, ci lascia parole dall’inquietante carica profetica tutta ancora da verificare: «Il disegno divino si compirà senza fallo. Le divisioni naturali, le innate spontanee tendenze dei popoli, si sostituiranno alle divisioni arbitrarie sancite dai tristi governi. La Carta d’Europa sarà rifatta. La Patria del Popolo sorgerà, definita dal voto dei liberi, sulle rovine della Patria dei re, delle caste privilegiate. Tra quelle patrie sarà armonia, affratellamento».
Certo è che, per citare Ignazio Silone, nei Doveri “scintillano ancora molte faville d’una spiritualità durevole quanto il genere umano”.