Alessio Profetti (Il Tirreno, 8 maggio 2014)
Cosa ci fanno Giuseppe Mazzini e un nostro concittadino ad Oxford, in un talk-show allo Sheldonian Theatre? Michele Finelli, massese, classe 1972, studioso del Risorgimento italiano e di storia del movimento repubblicano al Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Pisa, è stato invitato a partecipare al progetto Euplay, una prestigiosa iniziativa internazionale finanziata dalla comunità europea nata con lo scopo di indagare il ruolo svolto dalla musica e dalla cultura nella diffusione del concetto di Europa. «Sono stato invitato in qualità di membro della direzione nazionale dell’Associazione nazionale mazziniana italiana, ma soprattutto come storico di Mazzini – spiega Finelli – sono entusiasta, anche perchè Oxford è uno dei cuori dell’istruzione inglese, in passato avevo già tenuto conferenze a Londra, a Londra ho preparato la mia tesi di laurea e la mia prima pubblicazione, proprio sulla figura di Mazzini». Il progetto, tutto in chiave ottocentesca, si articolerà all’interno di un vero e proprio talk-show di cinquanta minuti (ovviamente in lingua inglese) che andrà in onda oggi e che verrà ripreso e successivamente trasmesso ai membri della Commissione Europea. Ma perchè Mazzini? «Intanto – continua Finelli – Giuseppe Mazzini era un amante della musica, suonava la chitarra, ad essa ha dedicato un bellissimo saggio “La filosofia della musica”. Mazzini è considerato uno dei protagonisti dell’800, uno dei personaggi culturali e politici che ha saputo far leva sulla musica come strumento essenziale per la creazione di una coscienza nazionale. Proprio a Londra, dove gestiva una scuola italiana per i ragazzi immigrati, realizzò raccolte fondi grazie alla musica». Come tutte le cose belle però anche questa storia ha la sua nota dolente, una realtà che si scontra con il mondo universitario italiano, con i suoi limiti, le sue limitazioni. Storie già discusse, già raccontate, che di solito hanno per protagonista un’eccellenza in fuga verso l’estero, più che una fuga una spinta nata dal rifiuto e dalla delusione di un mondo troppo chiuso, troppo immobile. Questa è la storia di Finelli, che dopo una laurea a pieni voti con lode all’Università di Firenze, dopo un dottorato di ricerca in Storia e Sociologia della Modernità e due assegni di ricerca all’Università di Pisa in Storia Contemporanea, incontri e convegni internazionali, e la presentazione del suo nome sul tavolo del ministro della cultura, Dario Franceschini, per essere incluso nella prestigiosa Commissione Editrice nazionale che si occupa degli scritti di Mazzini – ecco dopo tutto questo – si è visto chiudere la porta in faccia e negare l’abilitazione scientifica nazionale per l’insegnamento accademico. «Tutto è saltato perchè la commissione di valutazione non ha raggiunto la maggioranza qualificata – spiega Finelli – non importa se ero in possesso di tutti i requisiti per l’abilitazione. Adesso sto riprogettando tutta la mia vita professionale e a 42 anni non è facile. Però è stimolante, l’invito a questo progetto è l’occasione per potermi guardare all’interno di un mondo nuovo che vive e funziona di competenze».