Gli Stati Uniti d’Europa risposta alla crisi della democrazia
Stupisce, leggendo i commenti sulla guerra in Ucraina, che nessuno tra i filorussi (che spaziano dai nostalgici del comunismo agli anticomunisti di ferro) batta ciglio sulla presenza al fronte di truppe nordcoreane, espressione di una delle peggiori dittature della storia. Per facilitare la pace, recita il loro mantra, gli Usa, la Nato e l’Unione Europea dovrebbero privare Kiev del loro sostegno, ma guai a indignarsi se i soldati di un dittatore spietato come Kim Jong-un si affacciano in Europa minacciando le nostre acciaccate liberaldemocrazie. Fra i tanti che (anche) in Italia esultavano sui social per la vittoria di Trump, quasi fosse un loro trionfo personale, definendo “spazzatura” Joe Biden e Kamala Harris, ci sono persone dalle bacheche sature di video contro l’auto elettrica, ma benevole nei confronti di Elon Musk, indicato come l’uomo del futuro. Potremmo riempire centinaia di pagine con questi esempi, ma non avrebbe alcun senso, visto che le contraddizioni non appartengono a chi le vive, ma all’arrovellamento di chi le nota. Ormai, purtroppo, prevale lo schema “logico”, tipico dei social, in base al quale si risponde ad un’asserzione negativa con un altro negativo, incuranti della improduttiva fallacia di questo modo di ragionare.
In questo spazio però le riflessioni sono ancora possibili, e doverose. Il politically correct ha senza dubbio raggiunto vette pericolosamente surreali, ormai ammantate anche di leggenda: si dice addirittura che negli Stati Uniti un professore di economia, dopo aver citato un pesce rosso in un esercizio, si sia scusato con gli studenti perché qualcuno di loro avrebbe potuto “sentirsi” un pesce rosso; ma è in larga parte a questo fenomeno, come ormai sostiene quotidianamente il neoconservatore Federico Rampini, che dobbiamo ascrivere una delle chiavi principali del trionfo dei sovranismi? E per contrastare gli eccessi della cultura “woke” dobbiamo accettare quanto sta accadendo in Russia, dove è previsto il carcere per gli esponenti del movimento LGBTQ+ o per chi “propaganda” il modello familiare senza figli? In un contesto di democrazie fragili – e non torno su quanto sviluppato ampiamente nella lettera congressuale del 2023 – gli elementi che dominano il dibattito politico sono la cattiveria e l’odio. Per quale altra ragione Elon Musk, chiamato a ricoprire un ruolo nell’amministrazione statunitense, avrebbe pubblicato sulla sua piattaforma i nomi di quattro funzionari pubblici che intende licenziare, se non per esporli al ludibrio mediatico e giustificare con questo, piuttosto che con una eventuale procedura amministrativa, la loro cacciata? La politica ha una enorme responsabilità nell’aver tollerato ed anzi stimolato l’utilizzo di un linguaggio violento, minimizzandone le conseguenze e quasi giustificandole con la frustrazione delle persone. Come è accaduto con l’assalto a Capitol Hill, passato in cavalleria nonostante il vicepresidente Mike Pence, che alle ultime presidenziali non ha certamente votato Kamala Harris, stesse “semplicemente” applicando la Costituzione.
Ecco dove nascono i pericoli per la democrazia: nella perdita del senso di appartenenza ad una comunità, in un’identità declinata solo come esclusione, nel rifiuto del riconoscimento dell’altro, visto come nemico, se non riconoscibile immediatamente come appartenente alla stessa “tribù”, in una vertigine che dalla “bolla comunicativa” arriva sino all’indifferenza se non al sarcasmo di fronte alla morte di chi “non ci appartiene”, per il colore della pelle o per la fede praticata. Siamo all’opposto degli insegnamenti di Mazzini, che ha sempre rivendicato la natura di “animale sociale” dell’uomo, respingendo al mittente le suggestioni dell’atomismo e dell’individualismo liberali: “Dio v’ha fatti sociali e progressivi – scrisse ne I Doveri dell’Uomo – Voi avete dunque il dovere d’associarvi e di progredire quanto comporta la sfera di attività nella quale le circostanze vi collocano». Dalla cooperazione nel più piccolo paese della penisola al sogno degli Stati Uniti d’Europa, Mazzini era consapevole che a sfide comuni si dovessero dare risposte comuni. Ed è questo ciò che manca oggi all’Europa, indebolita ulteriormente dai 370 voti ricevuti – il risultato più basso nella storia dell’Unione – dalla commissione di Ursula Von Der Leyen, che ha preferito la propria sopravvivenza politica al coraggio di innovare. Come Mazziniani, in questo difficile momento storico, chiediamo una Costituente dell’Unione, attraverso una convenzione od un’assemblea ad hoc poco importa, che rilanci gli obbiettivi – Pace, Libertà e Benessere – che hanno segnato la storia dell’Unione Europea, e che oggi sono a rischio. Servono una difesa comune e una politica estera comune; l’unione finanziaria e di bilancio; una gestione della crisi ecologica lontana dal “radicalismo” di Frans Timmermans, ma altrettanto severa con l’ottuso ed egoista negazionismo degli scienziati da salotto, e la costruzione di un’Europa sociale, capace di affrontare collettivamente le grandi sfide poste dall’economia globale, dalle grandi concentrazioni bancarie e dalle migrazioni, che non si combattono spedendo poche decine di immigrati in Albania ed abdicando al principio di Umanità mazziniano. Infine un’Europa laica, nella quale i medici che praticano l’aborto non vengano definiti “sicari” dalle stanze vaticane, e in cui il riconoscimento dei diritti delle religioni nella sfera pubblica non passi per la mortificazione della libertà personale o per l’imposizione della propria morale alla società, atteggiamento di cui troppo frequentemente sono vittime – non solo in senso figurato – i musulmani di seconda generazione, come la povera Saman Abbas.
Solo in un quadro armonico come questo, forse, anche in Italia potremo confrontarci con quelle disuguaglianze sociali nel cui humus attecchisce l’odio e di cui si alimentano i tanti populismi odierni, da Trump a Maduro, dall’AFD a Sahra Wagenknecht e i suoi rosso-bruni. Potremo tornare ad affrontare problemi come la produttività e l’inflazione, con la quale i nostri concittadini sembrano convivere “serenamente”, visto che nonostante il prezzo del pane sia schizzato a cinque euro al chilo, non assistiamo alle feroci polemiche che accompagnarono quelle sui sacchetti biodegradabili per la frutta. Due dati sono particolarmente preoccupanti per il nostro
paese: negli ultimi vent’anni gli under 35 sono diminuiti di 3,5 milioni, registrando un calo del 21% complessivo; si tratta di ragazzi che hanno deciso di emigrare e metter su famiglia all’estero perché in Italia avrebbero guadagnato troppo poco. A ciò si accompagna, secondo una bella inchiesta de «Il Sole 24 ore», lo spopolamento delle aree interne del paese, che dal 2014 hanno perso il 7,7% degli abitanti: un duro colpo alla retorica del buon vivere italiano e dei borghi, ormai assaliti da influencer stranieri che acquistano un rudere per poche migliaia di euro e lo restaurano grazie ai proventi delle visualizzazioni di chi, non potendo permettersi un sogno, vive quelli altrui sulle piattaforme. È su questi temi che le forze politiche dovrebbero avviare un confronto serrato, riflettendo perché si debbano chiamare diecimila infermieri dall’India e “costringere” i nostri ragazzi a lavorare, con grande professionalità, negli ospedali tedeschi o inglesi. Anche in tempi come questi, di odio e cattiveria, come associazione di cultura politica non ci arrenderemo di fronte alla complessità dei problemi, consapevoli della forza progressista, democratica e repubblicana del mazzinianesimo.